"Poche cose sono difficili da filmare come l'infanzia. Le smorfie adolescenziali, e soprattutto l'orribile caricatura della loro parlata rappresenta, assieme agli spot sui biscottini in scatola per cani e gatti, uno degli abissi che ci riserva la pubblicità televisiva. Con ogni probabilità, quando fra un secolo vorranno dipingere la nostra era in tutto il suo splendore, avranno a disposizione una buona scorta di spezzoni con ragazzini paffuti e ben pettinati.Ecco perché un artista come l'autore di INCOMPRESO ha diritto a tutta la nostra ammirazione: ancora una volta, anche se questo RAGAZZO DI CALABRIA è lungi dall'essere un capolavoro, egli sa avvicinarsi al mondo degli adolescenti con incomparabile facilità.
La sua prospettiva cinematografica non si limita, semplicisticamente, a mostrare il mondo dei grandi dal basso all'alto; visto, cioè, con gli occhi di chi è più piccolo. Ma piuttosto in modo che il mondo degli adulti venga costantemente ridimensionato. La visione di Comencini ha in comune, con quella dei suoi giovani protagonisti, la purezza e la semplicità: e lo sguardo che la cinepresa pone sulla vita smaschera costantemente la relatività dei valori, per non dire l'ipocrisia e la vuotaggine delle idee preconcette.
In questo raccontino, a tratti melodrammatico e trionfalisticamente televisivo, ci sono momenti autentici: gli sguardi sulla civiltà meridionale, con le sue contraddizioni ma anche coi suoi valori. L'inserimento - lirico, ritmato - delle corse del ragazzino nella natura.
Ma i momenti più originali sono quelli nei quali la cinepresa si avvicina al viso del giovane esordiente: allora l'estetica ed i tempi del telefilm sembrano perdere importanza, e solo sembra levitare la grazia e la verità di una dimensione ritrovata. "